In questo spazio tra me e il mondo c'è il mio romanzo fiume. Crescerà con me e con gli appassionati del tempo: che non ci travolga ma ci permetta di riempirlo di sostanza e di fantasia. Buona lettura. P.s.: si legge al contrario, da Simbiosi verso l'alto.
Co2
giovedì 27 settembre 2012
sabato 14 luglio 2012
Un albero per un blog
Aderendo all'iniziativa viene piantato un albero la cui produzione di ossigeno andrà a compensare le emissioni di Co2 emesse dal proprio blog andando così a neutralizzare anidride carbonica prodotta dal nostro sito.
Doveconviene ha oramai piantato oltre 1500 alberi, ma l' iniziativa non si ferma qui e si propone di raggiungere almeno i 2.000 alberi per settembre, per questo abbiamo proprio bisogno di voi, blogger italiani che vi schierate a favore della natura e dell'ecosostenibilità.
Diffondiamo l'iniziativa e rendiamo il nostro Mondo migliore e più vivibile!
giovedì 28 giugno 2012
Rami - work in progress
Nella prima sera lontana dalla guerra di fiumi e di rami intrecciati con il suo circondarsi di possibilità, Simon si divertì a perdersi nei ricordi.
domenica 10 giugno 2012
Venezia
Appassionati
di tempeste
uomini come angeli
sul mare asciutto
dell’ultimo incubo
conato
per dimenticare
almeno quel luogo
di mai
poterne leggere
lo scrigno
diamante nascosto
nella parte
della favola
non saper andare
sanguinante
saluto
dimenticato
evidente
parossismo
lampo di memoria
non era la sua
gondola
dimenticai
ora ritorna a trebbiare
quel campo
dove hanno imparato
a guidare
nuovamente
con macchine
infantili
per domeniche
assicurate alla terra
tremante
senza sé
senza ritmi
come a ballare
una colonna
sonora
immobile
mercoledì 6 giugno 2012
Istanti poetici...
Sguardi
La notte
subbuglio
di firmamento
nella dimensione speciale
di improvvisi sguazzi
fili di seta
che fanno del pensiero
nuovi appigli
corsi d’acqua cifrati
cascate d’argento
nebbie salite per nascondere
le note di una canzone
frammentaria
nella sincerità
di un assolo
come a fuggire
dalla sapienza senza tempo
a dipingere
lo sguardo di un sasso
Che sia senza fine
Un pensiero che non abneghi mai
Una sensazione di finitudine e di coraggio
Nella dignità di ciascuno
Allora è così che vive
Dancing
Girando l’angolo
finisce il pensiero
inizia il vibrare
della natura
racchiude
il giro di ballo
della speranza
nella negazione del finito
nel desiderio di essere
ancora altro
di volerne sentire
il profumo iridescente
radicato insonne
privo di carattere
forse immaturo
raffinato dalla quiete
assassino del proprio presente
Tempo
Cercare un marchio
di sé una missione
arrivare alla rinascita
del proprio essere
nel mondo
senza diciture
pubblicità del passato
mai finito
ricordi inespressi
lontani non vissuti
nella certezza
della riuscita avvinghiata
al sordo fischiare del tempo
Perimetro
La realtà che mi
si forma con i granelli
del tuo foglio verde di
quello che hai legato
fine sottile e la tua cadenza
fermata a posta epigona
esile ma di certezza condivisa
la ragiono annaspando tra i
precorrimenti di generazione
che farai con addomesticamenti
e diffrazioni
La ricezione è favorevole alla
porcellana che il tuo volto mi
obbliga come granellame
frutto del settantasette che nessun
circo detiene nessuna belva
feroce ma parole e ovvie
associazioni d’impatti all’angolo
del tuo rosso addizionare favole
che uniscono ai tuoi rimandare le epoché
ma i feeling si inaspriscono e il mio
albero rilascia poche dichiarazioni
le allinea a te
anche se è un giorno
da palindrome
che importa se il sorriso
è il mio e senza sforzarsi
si aggancia alla direzione
deviante dall’uncino alla porta
due arnesi da far ragionare
se continuamente rafforzati in
bicipiti che speri ti difendano dal tuo candore.
Città
Non c’era che uno
e adesso che ha promesso
di non provare a fare
musica deve invece
farla a domenicali incontri
in tarda festività se me
lo avesse detto prima
avrei riavuto un’incudine
amalgamata
di fiori mentre
già entrambi di nuovo
si riallacciano ai loro
passati delusa da entrambi
i geniali intenti non fa
a meno di temporali
e carbonio all’accadere
del tempo
Suoni
Ritrovarci
sapere
che siamo un foglio
abbandonato
da qualche parte
lo siamo stati
mai lo riavremo
indistinguibile silenzio
in cui avrebbero voluto
legare i suoni
dei nostri sentire
andremo daccapo
con ciò che accadrà
saremo appigli di altri giorni
sinfonie di altre foglie
mentre le radici cadranno
come coriandoli
lasciando che siano colori
senza fili
manichini da vestire
Saremo di pioggia
di lineamenti sconosciuti
come il primo firmamento
di un ticchettio fulmineo
sulle pareti di uno sguardo
allineato al tuo volermi
allontanare
come per incanto
trasformato
nell’aprile di una primavera
che fiorisce senza sforzo
rinnegando giorni
di vissuti altrui
nell’assurdità della deriva.
Presente
Un ricordo
ergerlo
a esempio
mostrarlo per riflesso
a se stessi
trasformazione
improvvisa
portando un pane
accendendo il fuoco
della certezza
nessuno potrebbe
sostituire parti di sé
comprimere
la fine in pochi attimi
del passato
preferire alla natura
inerte
quella mutevole
dell’inchiostro
anche se allontana
sfalda le anime
per riapparire
comprovato
ordine
lista dei sogni
vagabondaggio della sincerità
Discorsi
Racconta
un foglio
giostra di mani
a far riaffiorare
i sintomi di affermazioni
mai perse
nonostante
il negare
provenienza che non ha luogo
privazione
immotivata
del proprio
spazio
donato
da un genitore
eterno
che non riaccada
mai
avviene
succede
separazioni di luminosità
ora
senza pianto
colpevolezza
riconosciuta
Il proprio
vezzeggiativo
cercato
rimarginato
sperato
Primitivismi
Riabbracciati
gli istanti di tempo
paralleli
come dimenticati
assuefatti
mai
indifferenti giochi di
forme
azzurri
lancinanti
armonie prive
logos
acuminato
incertezza di mediazioni
rientrano
nell'ora dell'azione
disarmata
seduta su un limo
terrestre
come altri
finisce anche la popolarità
senza inganno
non dimentichi
senza ammonire
ma sarebbe
il primo spettacolo
dirompente
circolare
distribuito in campi
grotte primitive
esistenze
venerdì 13 aprile 2012
Do Maggiore
Il mio racconto su Vanity: http://www.vanityfair.it/partner/buitoni/#?refresh=ce
lunedì 26 marzo 2012
Oltre l’indifferenza
Nella sua casa, lontano dalle musiche che ossessionano, Paul andava su e giù dall’amaca, cercando un riposo che fosse meno ovvio di quello portato dalla notte. Dopo alcuni giorni trascorsi nella solitudine del suo letto si era limitato a riaffacciarsi alla finestra, controllando se i fiori fossero appassiti, se il mercato avesse levato via le tende e se mai Simon fosse ancora in giro per una sigaretta sul balcone. Il suo cuore era meno gonfio di lacrime, i suoi pensieri meno torbidi del giorno in cui era caduto dal pontile. Nessuno lo aveva chiamato, la sua anima era soppiantata dall’aria fresca e primaverile che non portava nella sua casa altro che nostalgia. Il passato era ritornato senza nessuna presenza umana, era solitario e visionario. Anche il suono del campanello nella stanza appena arredata era un eco della vita altrui. Seduti come commensali, i suoi pensieri erano meno ovvi di quelli della televisione ma meno nitidi: apparivano come prigionieri di un vento anarchico, privi di una dimora fissa. Quella cena era già accaduta, quel posto a sedere dietro la barriera del dolore della perdita era intoccabile.
Ripensando alla sua vita Paul aveva perso il senso del tempo. Ora, come sempre dopo una visita, aleggiava quel senso di inatteso, quello del non fatto, del soppiantato, allontanato dalla sua immagine della realtà. Riaffioravano emozioni, nalle valanghe dei ricordi come a riemergere nella pioggia della speranza, volontà di vedere senza mezze misure, vedere il giorno fiorire come un vestito fresco e liscio, acqua che dai pensieri arriva alla germinazione. Accadeva sempre, quando si immergeva nella ricerca dei ricordi, a quegli ologrammi che nominava con nomi di donna che assorbivano solo fatti spiacevoli del suo trascorso. Altre immagini erano come apparizioni e come un tappeto volante distruggevano il senso del cammino lento e della riflessione. Poche persone avevano sorvolato il frastuono del suo silenzio, quando stava seduto per non girare l’angolo della notte e pensare all’alba. Appariva come una mossa decentrata, uno scarto da fare proprio, come a non poter essere assunto a pilastro del futuro. Ancora un’azione solitaria, un feticcio da estirpare dal giardino. Si guardava allo specchio e vedeva un riaggomitolarsi di mosse sbagliate, di percorsi storpiati dall’intangibile. Sperava di rivederne il compitare nel futuro di una famiglia, ma sapeva bene che niente è sostituibile all’affidabilità del suo viso. Quale persona lo avrebbe ancora avvicinato senza emettere un sibilo di sgomento, inatteso? Un abbandono del primo desiderio di riconcialirsi con il mondo fu l’unico spettro di emozione che riuscì a interagire con la sua indifferenza. Come a essere sempre seduto nel suo corridoio dimesso, risaliva sull’albero della coscienza come per riammettere il suo animo alla corte della vita.
Proclamava al suo impalpabile sentimento, convinto di essere come molti altri seguaci di un senso nascosto, reale e finito. Simon era ancora nella caduta di quel giorno, forse lo cercava come fosse lui stesso un puntino sullo sfondo, sulle strade, incendiate dai girovaghi. Il suo sorriso riaffiorava nella coltre dei passanti. Gli occhi senza tempo, come un segreto riposto nel tesoro unico delle speranze della giovinezza, a voler riaccordare la terra alla luna. Lei non era un desiderio, non era un’apparizione, non era una certezza per il futuro. Granelli di sabbia nelle pareti della solitudine, un album fotografico di luoghi mai visti dal vero. Eppure le immagini erano prodotte da pellicole toccate anche da altri, sentite da un estraneo, prima di riaffondare nel suo cassetto. Come poteva averle dimenticate? Ora riaffondava in un particolare di quelle immagini, ma ne percepiva la dimensione onirica. Avrebbe dovuto essere da un’altra parte del mondo, per ricominciare a essere strumento di un domani.
Scese dalla sua pianta magica, dalle favole raccontate nella sua infinzia da strani contrabbandieri del sogno. Accolto dalle vecchie scarpe e ritornato alla scrivania proprose alle sue orecchie un tintinnio come fosse uno scioglilingua, propose di non essere un vecchio vegliardo e si lasciò andare alla filosofia di un’ora senza guazzabugli di immagini. Risaltò un sogno, in una spiaggia assolata, di qualcuno che lo cercò e gli disse di non temere troppo i suoi mostri del passato. Lo prese per mano, vestito di bianco com’era sempre quando appariva. Aprì una porta e lo lasciò andare, sentendo che quell’uomo-angelo era sempre lui, senza nostalgia, senza rimorso, senza altri inganni. Chiuse la porta e si svegliò: la notte allineava i pensieri ai desideri, nel calore di un passato mai arenato, nella certezza di una fioritura, nella sicurezza di poter essere, ancora. Quando lui ritornò sotto le spoglie della sua prima esistenza, cercò nella consapevolezza della complicità una dimensione onirica, indisponente per il giorno.
giovedì 15 marzo 2012
Incertezze
Nella sua stanza, vicino alla finestra, Simon cercava una fiamma che riscaldasse i suoi ricordi. Malgrado li sentisse vividi nella sua coscienza, nella memoria diventavano opachi, senza colore, quasi senza un protagonista da riconoscere in se stesso. La sua notte era diventata un candore lieto da poche ore e già la lontananza da quegli sguardi lo rendeva teso, come il violino senza corde del liutaio all'angolo della strada. Assaporava la pipa e il fumo faceva capolino sulla lettera di Fiamma, una lettera ingiallita e accartocciata.
Pose quell'ancora in una bottiglia, come promesso alla dolce ragazza dell'adolescenza, mentre camminava rapito dagli impegni ai quali spesso da ragazzo doveva sottostare. Il lavoro di un cameriere e insieme di un soldato. Una continua incertezza nella foggia del suo cappotto verde scuro, arginato dalla coltre di cianfrusaglie che la madre faceva coltivare dai suoi fratelli. Per dimenticare il tempo decise di farsi amico un suo collega di notti a occhi aperti e di giorni eternamente senza sole.
Paul dormiva, in un angolo della casa, su un'amaca. Stava fermo per ore come fosse rapito da uno spirito antico, addormentato nella pioggia e nel vento, riposando sotto un cielo spaccato del legno torbido del rifugio. A lui non dispiaceva la compagnia di suo fratello, non faceva che allontanare il contenuto di quella bottiglia accantonata per non mentire.
Pose quell'ancora in una bottiglia, come promesso alla dolce ragazza dell'adolescenza, mentre camminava rapito dagli impegni ai quali spesso da ragazzo doveva sottostare. Il lavoro di un cameriere e insieme di un soldato. Una continua incertezza nella foggia del suo cappotto verde scuro, arginato dalla coltre di cianfrusaglie che la madre faceva coltivare dai suoi fratelli. Per dimenticare il tempo decise di farsi amico un suo collega di notti a occhi aperti e di giorni eternamente senza sole.
Paul dormiva, in un angolo della casa, su un'amaca. Stava fermo per ore come fosse rapito da uno spirito antico, addormentato nella pioggia e nel vento, riposando sotto un cielo spaccato del legno torbido del rifugio. A lui non dispiaceva la compagnia di suo fratello, non faceva che allontanare il contenuto di quella bottiglia accantonata per non mentire.
mercoledì 14 marzo 2012
L'abisso senza silenzio
Sembrava dicesse sogni notturni, li narrasse come per compiacere l'abisso fino a richiamare la bontà nascosta in quei dialoghi che si scioglievano nella memoria attraverso sguardi. Tra la folla non c'era nessuna donna, neanche un uomo innamorato. Solo la stessa anima, intera, nuovamente. -"Io ti ho creduto, anima mia" sembrava che la sua camminata inimitabile lo ripetesse al suo cuore, indivisibile da lei. Non c'era nessuna morte, non fra di loro.
A essersi dileguati erano i personaggi che facevano da comparse nel paese. La rinuncia dei giorni da trascorrere insieme li fece trasalire, come se attoniti trovassero ancora il tempo per stare lontani. Ma senza indugio, comprimevano la distanza, senza la follia di chi si crede completo senza mai aver provato quello che solo Simon sapeva di poter condividere con lei. A pochi passi dalla pietra quel fiore era ancora lo stesso del primo giorno dai Klein, a distanza di un anno circa, trasparente alle cromie dell'arcobaleno. Lo ascoltavano fiondarsi nel mare, all'orizzonte, lo sentivano come nella conchiglia che lui portava all'orecchio, fino a annullare la vista. Senza vedersi si completavano, incontrandosi si allontanavano dal mondo a ritmo di accordi descritti dal libro della vita. Il loro libro era nelle dita che facevano volare sui fili d'erba, tra la folla che guardava senza capire.
A pochi anni dall'ultima lettera lei poteva ancora apparire come la sua unica anima, la sua unica certezza di un mondo parallelo, così simile da non poter essere disgiunto neanche come scambio con il tesoro che si diceva fosse il segreto del paese. Lui diventava attore di un film che non avrebbe recitato se non per lei, per ritrovarne tra i passi incerti del passato la verità che cercava, nel suo cuore, delle sensazioni innocue e immani della loro gita al faro.
A essersi dileguati erano i personaggi che facevano da comparse nel paese. La rinuncia dei giorni da trascorrere insieme li fece trasalire, come se attoniti trovassero ancora il tempo per stare lontani. Ma senza indugio, comprimevano la distanza, senza la follia di chi si crede completo senza mai aver provato quello che solo Simon sapeva di poter condividere con lei. A pochi passi dalla pietra quel fiore era ancora lo stesso del primo giorno dai Klein, a distanza di un anno circa, trasparente alle cromie dell'arcobaleno. Lo ascoltavano fiondarsi nel mare, all'orizzonte, lo sentivano come nella conchiglia che lui portava all'orecchio, fino a annullare la vista. Senza vedersi si completavano, incontrandosi si allontanavano dal mondo a ritmo di accordi descritti dal libro della vita. Il loro libro era nelle dita che facevano volare sui fili d'erba, tra la folla che guardava senza capire.
A pochi anni dall'ultima lettera lei poteva ancora apparire come la sua unica anima, la sua unica certezza di un mondo parallelo, così simile da non poter essere disgiunto neanche come scambio con il tesoro che si diceva fosse il segreto del paese. Lui diventava attore di un film che non avrebbe recitato se non per lei, per ritrovarne tra i passi incerti del passato la verità che cercava, nel suo cuore, delle sensazioni innocue e immani della loro gita al faro.
Cercare nella folla
Accasciato sulla battigia, Simon controllò che il polipo fosse ancora abbracciato alla pietra che spuntava a mo' di iceberg sotto il suo sguardo. Forse il mare non era ai suoi piedi, bensì al contrario, gli piombava come d'improvviso addosso, mentre assaporava la sua bibita seduto al solito bar. Insieme ai suoi amici, ritrovati dopo il gelido inverno, sostava e correva fino alla fine dei suoi pensieri, al di là di qualsiasi orizzonte.
Non poteva essere lei quella donna che restava immobile alla fine della strada, come per precipitare oltre la collina, la stessa che da piccola aveva visto i due bambini inseguire farfalle e oltrepassare con il sorriso sul viso le ore di solitudine. Sembrava la stessa donna dell'osteria ma aveva il volto colorito come se avesse fatto un patto con il sole di non abbandonarla mai. A pochi passi dalla curva prima della casa di Simon, lei si piegò a stendere la mano verso un fiore, come per accarezzarlo, senza sfiorarne i petali per non rovinarne la forma perfetta.
Lui era lontano ma ne scorgeva ciascuna movenza. Si chiedeva se fosse la stessa di molti anni prima di questo giorno, se avrebbe finalmente ricominciato a credere al loro primo sogno, quello di una vita insieme, senza ostacolarsi, senza rinunciare al ricordo della propria infanzia trascorsa insieme. Nessuno sapeva quanto tempo era trascorso, da quei giorni di dialoghi e note, di passione per ogni attimo. Al solo pensiero si rifugiò in una corsa solitaria, abbandonando gli amici ritrovati per raggiungere la pietra sulla quale sedeva sempre con lei.
Non importava se ci fosse o se fosse andata a cercare se stessa tra le pagine dei suoi libri, non importava se nascondeva istanti di tempo come fossero macigni nel suo cuore, al pensiero di non poterne rivedere i tratti sottili.
Assumeva l'aria di una nuova età, quella distanza segnata da anni trascorsi a loro insaputa vicini, malgrado avessero subito malvagità, menzogne e discriminazioni. Lui credeva che lei fosse ormai in un altro stato, forse non più viva. E lei, a dire dei vicini, sapeva che Simon era ormai morto.
Non poteva essere lei quella donna che restava immobile alla fine della strada, come per precipitare oltre la collina, la stessa che da piccola aveva visto i due bambini inseguire farfalle e oltrepassare con il sorriso sul viso le ore di solitudine. Sembrava la stessa donna dell'osteria ma aveva il volto colorito come se avesse fatto un patto con il sole di non abbandonarla mai. A pochi passi dalla curva prima della casa di Simon, lei si piegò a stendere la mano verso un fiore, come per accarezzarlo, senza sfiorarne i petali per non rovinarne la forma perfetta.
Lui era lontano ma ne scorgeva ciascuna movenza. Si chiedeva se fosse la stessa di molti anni prima di questo giorno, se avrebbe finalmente ricominciato a credere al loro primo sogno, quello di una vita insieme, senza ostacolarsi, senza rinunciare al ricordo della propria infanzia trascorsa insieme. Nessuno sapeva quanto tempo era trascorso, da quei giorni di dialoghi e note, di passione per ogni attimo. Al solo pensiero si rifugiò in una corsa solitaria, abbandonando gli amici ritrovati per raggiungere la pietra sulla quale sedeva sempre con lei.
Non importava se ci fosse o se fosse andata a cercare se stessa tra le pagine dei suoi libri, non importava se nascondeva istanti di tempo come fossero macigni nel suo cuore, al pensiero di non poterne rivedere i tratti sottili.
Assumeva l'aria di una nuova età, quella distanza segnata da anni trascorsi a loro insaputa vicini, malgrado avessero subito malvagità, menzogne e discriminazioni. Lui credeva che lei fosse ormai in un altro stato, forse non più viva. E lei, a dire dei vicini, sapeva che Simon era ormai morto.
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