Correndo come in un urlo che si infrange nelle onde dell'inseguimento, Simon si curò di ricordare quella voce che lo aveva trafitto uscendo dalla locanda. La ragazza era davvero là: era un suo ricordo puro e semplice, ma non faceva parte di quella corsa spasmodica che non aveva alcun motivo di essere interrotta. Pochi attimi di felicità immune da ogni riflesso nel lago della malinconia, mentre ricordava che quella seta era davanti ai suoi occhi e poté scorgerne i filamenti sottili e intangibili. A prender piede nella notte del tempo di quel rincorrere a vuoto fu una sensazione di sconforto che lo colpì alle spalle.
Si fermò a un passo da un portone antico, arancio, improvviso mare di speranza. A ritornare fu l'entusiasmo del bambino davanti al cancello Klein, quella sensazione di euforia e di simbiosi con gli eventi che gli si presentavano. In un film mai girato, si aggrappò alla maniglia come per restare là, annerito dalla polvere che si alzava dalla strada. Dopo aver cancellato il pensiero della voce stridula della giovane locandiera Simon si apprestò a ascoltare i passi dell'unica persona che aveva intravisto salire dalle scale. Lo seguì come per dimenticare se stesso e poi, dal corridoio bianco emerse quel volto immortale. Lo sentiva urlare contro qualcuno o per difendersi da qualcosa, ne vide alcuni tratti delle labbra schiuse in un sibilo di dolore. O era il suo, quel dolore che viene dall'ignoto, dalla notte e dall'inatteso, dalla curiosità astratta.
Questa volta la sua fede era incarnata in intuizioni immacolate e ne avrebbe capito la portata soltanto aspettando che uscisse e facesse parte della sua esile indagine.
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