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mercoledì 11 maggio 2011

Passati futuri

Din era seduto sulla poltrona tondeggiante e sicura della sua casa. Simon era là, con un bicchiere in mano a raccontargli della sua vita a Farly, cercando di fargli capire la bellezza sublime della vita in campagna. Din era incredulo e felice, ondeggiava tra le domande di sempre degli amici dispersi e la curiosità di un chiaroveggente, scusandosi per averlo confuso, nel locale, con uno sconosciuto. Un ventaglio nero, dai riflessi dorati, mostrava agli abitanti dell'appartamento un retrogusto di terre orientali, lasciandosi ammirare come un reperto archeologico. Si abbinava perfettamente all'umore cangiante dell'ospite che lasciava parlare Din della sua vita in una città per Simon, fino a quell'incontro, priva di riferimenti. Credeva impossibile che fosse approdato al suo passato invece che nell'ignoto dal quale ormai sembrava provenissero le voci della strada. Una bottiglia di brandy ormeggiava discorsi e dirigeva i suoni della televisione accesa nella stanza accanto. Sembrava che Simon fosse stato invitato dalla padrona di casa per un lungo soggiorno e lo volesse lasciare libero di raccontare al suo amico una storia di pirati e di sirene, di avventure mai vissute. La conversazione incalzava su temi di attualità e di un passato che sembra sotto gli occhi di entrambi vicino come fossero adolescenti tra i banchi di scuola. Nello specchio era riflesso una parte del suo volto e un angolo della candida rosa che illuminava la stanza, incorniciando la sua sorpresa nel vedere che era tutto per sé, l'amico, l'atmosfera, erano nelle sue mani. Avrebbe voluto dare a Din una spiegazione logica della sua visita e invece a rifletterci, aveva pensato che non fosse altro che un dono dello stesso Dio che l'aveva ammesso alla corte di quell'avventura.
L'unica che dovesse dire, testimoniare come diamante senza paura di donarlo a chi lo aveva cercato, con quei colori dell'anima, nei sollazzi disperati degli altri nel pub. Ora sapeva che non c'era nessun amico e che quella casa era perfettamente sconosciuta, anche se la sentiva suo premio, parte del suo essere, avrebbe dovuto abbandonarla. Aveva inventato ogni singola frase da quando aveva messo piede nell'appartamento e ora che cercava di uscire la sua bocca continuava a muoversi e insieme a lei i suoni erano perfettamente intonati e allineati alle domande dell'uomo guida. Temeva l'imbarazzo del commiato, malgrado si sentisse fuori luogo o almeno privo di motivazioni nello stare là, seduto nel salotto di chi lo credeva un antico compagno di giochi. Inneggiò un saluto caloroso e scappò da quel posto mentre la maniglia della porta sembrava non volesse cedere al suo polso. Stavolta la strada era dalla sua parte e nessuno lo avrebbe distolto dal suo intento di ritornare a casa Klein. Privo di qualsiasi desiderio al di fuori dell'unica donna che lo aveva degnato di uno sguardo continuò, a passo lento, la sua discesa nel labirinto del passato.

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