Nella sabbia della sua attesa, seduto per terra, vicino l'uscio di quell'ignoto terrore, era rannicchiato come per sentire che il suo legame con quella persona era primordiale. Lontano dalla figura quasi rattrappita delle donne al tavolo del pub, il freddo scemava insieme alla sua euforia. Avrebbe dovuto essere sulla strada del ritorno invece di sostare immobile, all'insaputa di quello che gli sarebbe accaduto. Diviso a metà tra la gioia dell'arrivo e il desiderio di incontrare la sua guida decise di suonare al campanello. Lo accolse un ragazzo abbastanza alto, quasi quanto il suo uomo, che gli chiese se volesse Din o Petra. Simon era con un piede all'ingresso di quel sogno, irreale, impossibile da sommergere. L'altra metà del suo corpo era come immobilizzato e stentava a farlo spostare dalla via di mezzo tra il sogno e il mondo dell'atrio. La casa era come un cilindro trasparente, al centro risplendeva un tappeto con la stella dei venti. Sembra che le rose riposte sul tavolo fossero nate e cresciute soltanto in quel salone, senza alcuna possibilità di crescere altrove. Lui era quello che avrebbe dovuto rispondere alla domanda del ragazzo ma era come se lo avesse fatto in altre vite o in altri tempi.
Assunse l'aria di un girovago disperso, consapevole dell'eroismo del suo fare. Disse che cercava Din, il suo vecchio compagno di scuola. Era dentro, in quella casa che lo accoglieva come fosse un suo inquilino dai tempi immemorabili della fanciullezza. Poteva ricordarne l'odore di legno bagnato, quell'odore che nei boschi si mescola perfettamente alla terra e alle muffe, ai funghi e alle foglie cadute. Le travi che reggevano il soffitto erano scure e lucide, rifatte da poco e nessuno poteva raggiungerle, dal momento che erano state fatte da una mano saggia per restare intatte. Era la casa di ogni persona che volesse cercare senza scappare e sentiva che con quella mossa sulla scacchiera dei suoi sentimenti avrebbe allontanato ogni dubbio. Din esisteva e tra pochi minuti lo avrebbe guardato negli occhi con quelle linee sottili ai bordi delle labbra che non erano vere rughe ma fili di memoria. Rimase a fissare i libri alle pareti e ne ammirò l'età: avevano le copertine rigide tipiche dei cultori di lettere e dei librofili. Senza accorgersi dell'espressione stranita del suo interlocutore strinse la mano a Din, ricordandogli i vecchi tempi della scuola. Era riuscito a raggiungerlo, era lui, era davvero un suo vecchio amico e lo aveva ritrovato.
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