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lunedì 9 maggio 2011

Come scivolare

Seduto a un bar, vicino alla statua del suo poeta preferito, un signore anziano, dagli occhi fulvi, dipingeva con il fiato e gli sguardi assetati di cambiamento. A prima vista poteva essere adombrato dalla felicità di un gruppo di donne giovani, assuefatte alle sigarette e agli stuzzichini. L'attenzione di Simon era completamente assorbita da quell'uomo che non dava segni di cedimento fisico, malgrado fosse evidente il suo essere avanti con gli anni. Un verde scuro che segnava le linee intorno agli occhi lo rendeva sgargiante e vivo, al pari delle vicine di tavolo. Avrebbe potuto continuare a proferire parole di linee e tratteggi sul suo foglio immacolato, senza parlare d'altro, lo avrebbe fatto per Simon o per una delle ragazze inebetite dagli alcolici. Come un senso di dovere gli attraversò il corpo. Prima le gambe e poi le braccia e il busto furono immobilizzati dall'ingenuità della situazione: un giovane che si ferma a pochi passi da un gruppo di ragazze, leggendo un libro di poesie. Scena tipica di viandanti e stranieri. La verità era che Simon non aveva alcun desiderio di parlare, di intromettersi nelle loro vicende sdrucciolevoli. Era fermo al centro del bar, è vero, stranito non dal fumo e dal vocio della folla, ma da quell'uomo che stringeva in mano una lampada gialla e la puntava contro una tela annerita, dal tempo o dalla sua mano. Una delle tre donne si alzò dal tavolo e raggiunse Simon con un guanto di raso, giallo scuro, che arrivò alle sue spalle, come per avvolgerlo con il suo profumo. Lui lasciò cadere a terra quel fogliame sterile e poi si piegò per raccoglierlo, senza assicurarsi di consegnarlo alla ragazza, senza neanche chiederle chi fosse, privandola del suo sguardo. Quell'uomo poteva essere un loro conoscente, un padre o un marito, lasciato là, a dimenarsi nella sua arte per non essere di troppo tra gli altri. In altri casi sarebbe stato un uomo qualunque abbandonato al suo mondo, ma in quell'istante era l'intero presente di un ragazzo di provincia.

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